Centro italiano di documentazione sulla cooperazione e l’economia sociale | Museo virtuale - Temi cooperativi

Museo virtuale
della cooperazione

Temi cooperativi

L’obiettivo di questa sezione è di riproporre le riflessioni sulla cooperazione dei principali teorici e promotori italiani ed europei del movimento, a partire dai fondatori.

Nella stanza dedicata ai Padri Europei della cooperazione, si propone una rapida carrellata dei più significativi contributi dei padri fondatori della cooperazione europea, cioè degli intellettuali il cui pensiero è comunemente considerato alla base del cooperativismo. Di varia estrazione politica, questi pensatori si collocano quasi esclusivamente nel XIX secolo e sono quasi tutti accomunati dall’aver maturato un legame, più o meno solido, col filone utopistico. La cooperazione, per molti di essi, è un veicolo solidaristico (oltre che imprenditoriale) per la realizzazione di una società o di una comunità radicalmente nuova, ripulita dai difetti principali del sistema industriale ottocentesco. Questo non sempre sta a significare una mancanza di pragmatismo; anzi, molti tra i padri fondatori furono gli animatori di prime esperienze cooperative (o proto-cooperative) concrete, non sempre coronate da successo, ma comunque fondamentali per la futura gemmazione di nuove imprese autogestite.

 

La sala dedicata ai Pensatori italiani offre all’interno in maggiori dettagli i tre grandi percorsi culturali della cooperazione italiana.


Percorso liberal-mazziniano
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La cooperazione di matrice liberale, oggi decisamente minoritaria, è alle origini estremamente significativa. Fanno parte di questo insieme coloro che ripensano il capitalismo in senso filantropico e tentano di realizzare una gestione democratica dell’azienda, o anche un’organizzazione d’impresa che riesca a coniugare sviluppo, efficienza ed equa ripartizione delle risorse prodotte. Oltre a questa cultura liberale e filantropico-borghese, possiamo inscrivere in questo orientamento laico del cooperativismo anche il pensiero di Giuseppe Mazzini, che, sempre a proposito d’impresa, teorizzava “capitale e lavoro nelle stesse mani”. Proprio uno dei primi e più importanti intellettuali italiani della cooperazione, Francesco Viganò, era un simpatizzante mazziniano e si ispirava ai valori della conciliazione, della pace sociale e della fratellanza universale. Qualche anno dopo di lui, negli ultimi decenni dell’ottocento, emergono le figure di Luigi Luzzatti e di Leone Wollemborg, studiosi del credito e promotori -rispettivamente- delle prime banche popolari e casse rurali e Ugo Rabbeno, tra i primi a tentare una sistemazione teorico-economica dell’associazionismo cooperativo. Un approccio di questo genere fu anche quello di Vilfredo Pareto, che pionieristicamente sottolineò alcune contraddizioni della società autogestita, invalidando parte delle formulazioni teoriche socialiste.Sulla stessa falsariga si colloca Maffeo Pantaleoni, fervente antisocialista e difensore dei principi economici liberali. A cavallo tra ottocento e novecento, altre importanti figure della cooperazione di ispirazione liberale furono Enea Cavalieri, che riteneva le cooperative il veicolo per fuoriuscire da un’economia di sussistenza, Luigi Buffoli, che sosteneva che la cooperazione non doveva occuparsi né di politica né di religione, e Giovanni Raineri, promotore di un progresso agricolo fondato sull’associazionismo cooperativo e consortile. A metà del XX secolo, tra gli ultimi liberali ad occuparsi di questi temi spicca Alberto Basevi, principale artefice dell’immissione della cooperazione nella legislazione dell’Italia repubblicana.


Percorso socialista
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Negli ultimi due decenni del XIX secolo la diffusione delle idee socialiste e il maturare di una coscienza di classe in seno all’associazionismo operaio, portarono una larga fetta della cooperazione a orientarsi verso una precisa scelta ideologica. La cooperativa diventava un sodalizio tra proletari, nonché uno strumento per il conseguimento del socialismo e per la sconfitta della borghesia. Fra i primi e più noti promotori della cooperazione "rossa" figura Andrea Costa, primo candidato socialista ad essere eletto in Parlamento. Anche se le disparità di vedute tra massimalisti e riformisti erano spesso inconciliabili, come intesero fin da subito Camillo Prampolini e Giuseppe Massarenti, all’atto pratico la cooperativa si collocava a metà strada fra ente economico ed organismo politico e pertanto, risultava maggiormente apprezzata dalle componenti moderate del PSI. Tra i principali teorici di questo equilibrio spiccano Nullo Baldini, fondatore della prima cooperativa fra braccianti e Antonio Vergnanini, sostenitore della cosiddetta “cooperazione integrale”, che in documento congiunto chiarirono anche il rapporto tra cooperazione e riformismo. Nella seconda metà del XX secolo, tra i vari intellettuali espressi dalla sinistra italiana, Giorgio Amendola fu probabilmente colui che meglio interpretò la maturazione che la cooperazione stava avendo.


Percorso cattolico
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Nel 1891, con l’enciclica Rerum Novarum, Leone XIIIistituzionalizzò la vocazione sociale del cattolicesimo nell’economia capitalista. Il più noto intellettuale che sostenne questa tendenza fu probabilmente Giuseppe Toniolo. Di lì a poco, nacquero le prime cooperative di stampo confessionale, promosse da uomini come don Lorenzo Guetti, animatore dell'associazionismo cattolico trentino o come Nicolò Rezzara, figura di spicco nella chiesa bergamasca e tra i primi ad evidenziare le peculiarità della cooperativa cattolica, in antitesi a quella socialista, repubblicana o liberale. Alla neonata organizzazione confessionale guardarono anche la maggioranza delle casse rurali, istituti di credito nati alcuni decenni prima e sviluppati nelle proprie strutture organizzative da Luigi Cerutti, a cui si deve la teorizzazione della connotazione religiosa di questi enti. Sfruttando la capillarità della rete parrocchiale, la cooperazione cristiano-sociale si diffuse molto velocemente; questa rapidità non si spiega senza l’impegno di alcuni intellettuali che proseguirono l’opera intrapresa dai primi cooperatori cattolici. Anche se la memoria collettiva ricorda principalmente Luigi Sturzo, sicuramente per il fatto che si occupò e scrisse di molti argomenti, non dobbiamo tralasciare Ercole Chiri, tra i principali artefici della realizzazione di Confcooperative.

Materiale stampato dal sito www.cooperazione.net
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