Centro italiano di documentazione sulla cooperazione e l’economia sociale | Museo virtuale - Le origini
Museo virtuale della cooperazione
Le origini
Nel corso degli anni quaranta dell’Ottocento in diversi paesi europei (Regno Unito, Francia, Germania, Danimarca) iniziarono a delinearsi alcune importanti esperienze cooperative che assunsero ben presto le caratteristiche di veri e propri modelli organizzativi: le cooperative di consumo, quelle di produzione e lavoro, quelle agricole e le banche cooperative.
Il Regno Unito fu la culla della cooperazione di consumo. Qui nel 1844, 28 tessitori di Rochdale (cittadina a nord di Manchester) fondarono il primo spaccio cooperativo. Esso e i tanti altri che seguirono (nel 1891 circa un milione di inglesi era già associato ad una qualche cooperativa di consumo) si posero come obiettivo quello di aumentare il potere d'acquisto degli operai urbani, in un paese in cui la precoce industrializzazione e urbanizzazione aveva sollevato già nella prima metà dell’ottocento il problema dei bassi salari. L’attività di tali cooperative consisteva nella vendita ai soci di generi di prima necessità a prezzi di mercato e nella distribuzione degli eventuali utili sotto forma di un ristorno proporzionale agli acquisti effettuati. Ma la Cooperativa di Rochdale si prefiggeva anche lo svolgimento di altre attività che, purtuttavia, non ebbero lo sviluppo dello spaccio cooperativo, come la creazione di un magazzino per la vendita di derrate ed abiti, la costruzione od acquisto di case, la fabbricazione di prodotti per dare lavoro ai soci disoccupati o mal retribuiti, l'affitto o l'acquisto di fondi rustici da fare coltivare ai soci disoccupati.
In Francia, paese meno industrializzato e con un’elevata disoccupazione, le prime cooperative cercarono proprio una risposta a questo grave problema. Esse si ispirarono agli ateliers nationaux, vere e proprie officine statali, nate dalle idee socialiste di Louis Blanc, in cui trovavano impiego i lavoratori urbani disoccupati per svolgere opere di pubblica utilità. Grazie agli incentivi concessi con i decreti legge del luglio 1848 vennero fondate molte cooperative, fra le quali ricordiamo l’Atelier social di Cliché, creato da un gruppo di operai parigini per produrre indumenti per la guardia nazionale, sulla base del principio di un salario uguale per tutti e di guadagni equamente distribuiti.
Alla Germania spetta, invece, il primato nella fondazione degli istituti di credito cooperativi. Questo paese, agli albori della rivoluzione industriale, si caratterizzava per un’economia incentrata ancora su un settore agricolo poco innovativo e dominato dalla piccola e media proprietà contadina. E’ in questo contesto che nel 1840, ad Anhausen (nella valle del Reno), F.W. Raiffeisen diede vita alla prima cassa rurale, la quale, operando su un piccolo mercato (al massimo due villaggi), riservando il credito ai soci (illimitatamente responsabili) e praticando un basso tasso di interesse, cercò di far circolare le poche risorse disponibili al fine di facilitare gli investimenti e la modernizzazione nel settore agricolo. Sulla base degli stessi principi, ma inserita in un contesto urbano, nel 1850 venne fondata anche la prima banca popolare su ispirazione di Hermann Schulze-Delitzsch. In questo caso gli obiettivi erano di modernizzare il piccolo commercio e l’artigianato urbano e di sottrarre queste categorie alla pressione degli usurai.
La patria della cooperazione agricola è invece la Danimarca, dove per impulso del teologo e vescovo luterano Nicolas Frederich Grϋndtvigts, vennero fondati a partire dagli anni 1880 caseifici cooperativi, poi macelli e salumifici, che egemonizzarono ben presto il settore per la loro rispondenza ai bisogni dell’epoca, riuscendo ad evolversi, con il cambiamento economico fino alla realtà odierna.
Da queste brevi annotazioni emerge che sin dalle origini l’impresa cooperativa ha mostrato la capacità di operare in tanti diversi settori. In particolare, grazie ai principi della mutualità, essa ha saputo creare imprese dove l’iniziativa privata mancava o non era stata in grado di perseguire lo sviluppo sociale insieme a quello economico.
Per approfondire:
M. Degl'Innocenti (a cura di), Il movimento cooperativo nella storia d'Europa, Milano, 1988.